10.02.2010 – LA SOPRINTENDENZA NON SA SPENDERE, IL PATRIMONIO SOFFRE E GLI ARCHEOLOGI RESTANO SENZA LAVORO

Il 9 febbraio 2010 si è tenuto il Consiglio di Amministrazione della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, al quale ha partecipato straordinariamente il Direttore Generale De Caro e hanno assistito, oltre ad alcuni funzionari tecnici della stessa soprintendenza, i collaboratori esterni e rappresentanti delle associazioni professionali di categoria, la Confederazione Italiana Archeologi e dell’Associazione Nazionale Archeologi.
La presenza degli archeologi e delle Associazioni professionali era legata alle precedenti richieste di chiarimenti inviate al Soprintendente Bottini in merito a preventivi che non hanno mai ricevuto risposta, a proposte di incarico che non hanno mai avuto seguito, a contratti firmati, mai repertoriati di cui non si ha più notizia, nonché perizie non approvate. E’ grazie a questi contratti e al lavoro degli archeologi collaboratori esterni che la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, come tutte le altre del territorio nazionale afflitta da gravi carenze di personale, ormai da decenni riesce ad assolvere ai propri compiti istituzionali, sia di tutela che di valorizzazione.
Il Bilancio 2009 della SSBAR, pubblicato sul sito della soprintendenza, destinava più di 350.000 euro sul capitolo della Catalogazione, più di 100.000 per il Sistema Informativo Territoriale Archeologico, oltre 300.000 euro per l’assistenza archeologica per lo scavo ed il restauro del Foro della Pace, opera strategica perché funzionale all’avvio dei lavori della metropolitana.
Scorrendo l’elenco dei contratti e dei lavori finanziati nel 2009, quasi tutti relativi a consulenze legali e per la sicurezza, verrebbe da chiedersi: dov’è l’archeologia?
I conti sembrano proprio non tornare!
A leggere queste cifre sembrerebbe quasi che la Soprintendenza Archeologica di Roma abbia dimenticato il proprio nome, la propria storia e, soprattutto, la propria mission, nella quale rientrano l’inventariazione e la catalogazione dei materiali archeologici, atti fondamentali per la conoscenza e la tutela del patrimonio.
In un momento di profonda crisi economica, è gravissimo che la Soprintendenza, pur avendole a disposizione ed avendole deliberate per specifici lavori, non abbia poi speso cifre così importanti rinunciando a produrre quanto avrebbe dovuto. A questo si aggiunge il danno erariale legato al fatto che i materiali archeologici schedati vengono anche valutati economicamente e tale valore monetario arricchisce il patrimonio dello Stato.

E’ inaccettabile che a pagarne le spese sia l’anello più debole della catena: gli archeologi collaboratori esterni.

Come se non bastassero le enormi difficoltà che quotidianamente affrontano per svolgere il proprio lavoro, a pagare l’incapacità dell’Amministrazione, evidentemente non in grado di misurarsi con le nuove norme che impongono verifiche puntuali e controlli più attenti sulla trasparenza e sulla legittimità degli incarichi affidati.
Tale incapacità stupisce tanto più se si considera che uno dei motivi addotti per il commissariamento della Soprintendenza, alla fine del 2008, fu proprio la necessità di snellire le procedure. Non spendere centinaia di migliaia di euro di fondi pubblici per un anno significa non capire quale impatto economico abbia il blocco di interventi e di lavori in archeologia, considerando che i finanziamenti pubblici in questa fase di crisi rappresentano un contributo essenziale alla sopravvivenza stessa di società e professionisti.
Oggi le strutture della pubblica amministrazione sono giudicate soprattutto in base alla loro capacità di spesa, è quindi necessario che il Ministero intervenga urgentemente per verificare le procedure adottate e per individuare le responsabilità che hanno condotto a questa situazione, con tutte le necessarie conseguenze.