Si apprende dalle colonne dell’edizione romana del Giornale di venerdì 13 febbraio che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, secondo una dichiarazione del Sottosegretario Giro, procederà a formalizzare “la settimana prossima, ma comunque entro febbraio…la nomina del Commissario speciale per l’archeologia di Roma”. Nell’articolo si legge, poi, che lo staff del Commissario lavorerà “in seno a un tavolo tecnico coordinato dal Sottosegretario Giro, che vede vertici del Comune e dello Stato”.
Se la nomina del Commissario, come scritto e più volte ribadito dal Sottosegretario, è motivata dalla necessità di intervenire rapidamente, svincolandosi dai legacci delle leggi sui lavori pubblici, per frenare lo stato di degrado dell’archeologia romana e ostiense, non si comprende perché debba lavorare “in seno” alla Commissione che, nell’ambito della riforma del federalismo fiscale, provvederà a gestire il passaggio della valorizzazione e della fruizione dei beni archeologici dello Stato al Comune.
Forse abbiamo perso qualche passaggio logico: Bertolaso libera Roma dal degrado (come se il Foro fosse un mercato di Bombay) e salva i monumenti del Palatino perché lo Stato, ritenendo che si sia verificata una situazione che non garantisce l’incolumità dei cittadini e dei beni archeologici, gli affida l’onere di risolvere in poco tempo ogni problema; però, se Bertolaso deve compiere questa delicata operazione “in seno” e, verrebbe quasi da pensare per conto, di una commissione che affiderà questi stessi beni al Comune allora non può non sorgere il dubbio che lo scopo sia in realtà far apparire come inefficiente e degradante il sistema di gestione pubblico, esautorarlo di ogni competenza effettiva e, una volta rimessi a lucido aree archeologiche e monumenti, offrirli belli e pronti al Comune di Roma.
Stupisce, inoltre, che il Ministro Bondi e il Sottosegretario Giro non prendano minimamente in considerazione le perplessità e le critiche che la proposta di questo provvedimento sta scatenando da settimane non solo nel mondo dell’Archeologia, ma anche nella società civile. L’appello lanciato dai funzionari tecnici delle Soprintendenze archeologiche di Roma e Ostia ha raccolto quasi 4000 adesioni in meno di 10 giorni.
Onorevole Ministro, dedichi un minuto del suo tempo a scorrere i nomi e gli istituti di appartenenza dei firmatari: si renderà conto che, accanto alle centinaia di dipendenti delle due soprintendenze, ci sono decine di Soprintendenti in carica e in pensione, dirigenti e funzionari del suo dicastero, professori e ricercatori universitari di tutto il mondo, illustri studiosi dei più prestigiosi istituti di ricerca europei, studenti da tutta la penisola e, soprattutto, centinaia di cittadini italiani e turisti stranieri che amano i nostri musei e aree archeologiche.
Caro Ministro, non commetta l’errore di valutare questa iniziativa come il grido di dolore di un gruppo di funzionari che temono di perdere poteri e competenze, come piace far credere a qualcuno, se così fosse questo appello sarebbe stato sostenuto solo da poche decine di persone.
Il mondo dell’archeologia e della cultura europea, insieme all’opinione pubblica e alla stampa italiana, ha ben compreso che il commissariamento delle Soprintendenze di Roma e Ostia, oltre a denigrare l’eccellente lavoro svolto dai tecnici dello Stato, mette a serio rischio il principio, sancito dalla nostra Costituzione, che i Beni Culturali sono dello Stato e, dunque, di tutti i cittadini.
La Confederazione Italiana Archeologi chiede che il Ministro convochi urgentemente le Associazioni di categoria e i rappresentanti del mondo dell’Archeologia e della Cultura che hanno sottoscritto l’appello per discutere della effettiva utilità di questa nomina, per ascoltare le loro ragioni ed avviare un meccanismo virtuoso di partecipazione e condivisione dei provvedimenti che riguardano il mondo dei Beni Culturali, che sono alla base di uno dei principi fondanti della nostra Costituzione e, quindi del nostro Paese, e che sono l’elemento che, grazie anche al prezioso lavoro dei migliaia di tecnici dello Stato e professionisti non strutturati, ha fatto dell’Italia un punto di riferimento in tutto il mondo.