CONSIDERAZIONI IN MERITO AI NUOVI DIRETTORI DEI PARCHI ARCHEOLOGICI IN SICILIA

Nelle scorse settimane si è appreso dalle agenzie di stampa la notizia che il Presidente della Regione Sicilia Musumeci, nella qualità di Assessore ad interim ai Beni Culturali, ha proceduto alla nomina di 14 direttori dei parchi archeologici istituiti lo scorso aprile. La definizione amministrativa di tali parchi e ora dei loro direttori decretata da Musumeci è in stretta continuità con l’azione politica e amministrativa impressa da Sebastiano Tusa, tragicamente scomparso lo scorso marzo a causa di un incidente aereo mentre si recava in Kenya per una riunione internazionale dell’Unesco. Tusa infatti considerava quella della definitiva approvazione del sistema regionale dei parchi archeologici, istituito con la L.R. 20/2000, come una necessità urgente e non più rinviabile per migliorare e rendere più efficiente la gestione del vasto patrimonio archeologico siciliano.

Senza volere entrare, per il momento, nel dibattito circa l’utilità e la rilevanza di tali enti, la Confederazione Italiana Archeologi vuole sottolineare diverse e gravi criticità nel metodo e nella sostanza delle nomine dei parchi siciliani.

Nel metodo lascia perplessi il fatto che la scelta dei 14 direttori dei Parchi archeologici siciliani sia stata intesa dallo stesso Musumeci come una semplice “rotazione dei dirigenti”, come se dirigere un museo, un parco o una qualsiasi unità operativa fosse la stessa cosa: inoltre sorprende come la comunicazione dei nuovi incarichi sia arrivata a molti dei diretti interessati solo per mezzo stampa il giorno stesso della diffusione della notizia delle nomine!

Ancora più grave è l’analisi del merito di tali nomine.

Dei 14 parchi archeologici siciliani, infatti, solo 6 saranno diretti da archeologi, mentre 7 (tra cui i parchi di Agrigento, Siracusa, Selinunte e Morgantina – Villa Romana del Casale) da architetti e 1 da una storica dell’arte.

Tutto ciò in evidente contrasto con le recenti modifiche della legislazione dei Beni Culturali, rappresentate dalla L. 110/2014 che ha modificato il Codice dei Beni Culturali introducendo l’articolo 9bis, e dal relativo regolamento pubblicato il 22 maggio scorso con il DM 244, dove viene chiaramente esplicitato come musei e parchi archeologici possano essere diretti solo da “archeologi di I fascia” in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali, così come definiti dal decreto stesso. Tali nomine avvenute per ‘rotazione’ tuttavia non sorprendono, considerato il fatto che nel corso degli ultimi 40 anni, da quando cioè la Regione Sicilia gode di autonomia gestionale nel campo dei Beni Culturali, la legislazione nazionale è stata spesso e volentieri disattesa. Il modo clientelare con cui sono stati gestiti i Beni Culturali siciliani in questi decenni, spesso disattendendo le stesse leggi regionali emanate alla fine degli anni ’70, ha invece prodotto una situazione disastrosa e forse irreparabile per il patrimonio culturale dell’isola, a cui Sebastiano Tusa stava provando, con tutta la sua esperienza e passione, a porre un rimedio.

In realtà in questi anni proprio il modello gestionale delle Soprintendenze uniche e il reclutamento del personale necessario al loro corretto funzionamento, sono stati costantemente depotenziati non tanto da un processo legislativo democratico e trasparente, ma da una serie di atti unilaterali, decreti assessoriali e circolari dirigenziali che di fatto hanno contribuito da un lato a impedire alle Soprintendenze di svolgere al meglio il proprio ruolo istituzionale (vedi ad es. l’istituzione per decreto dei Poli museali nel 2015, vuoti contenitori che, per ammissione degli stessi amministratori, avevano l’unico scopo di ‘gestire i custodi’!), mentre dall’altro i ruoli regionali sono stati riempiti in modo clientelare, spesso senza concorso, da figure non in possesso dei requisiti di legge necessari ad una corretta gestione e tutela del patrimonio culturale. Il colpo di grazia è avvenuto con l’approvazione della L.R. 10/2000, che di fatto ha eliminato i ruoli tecnici del personale della Regione Siciliana: nel giro di una notte migliaia di laureati in servizio nei diversi Assessorati, compreso quindi quello dei Beni Culturali, venivano ‘promossi’ senza concorso, indifferentemente dai fabbisogni dell’amministrazione e dai titoli posseduti, al ruolo di Dirigenti. Questo ha portato a riempire i ruoli regionali con oltre 3000 dirigenti a cui ovviamente era necessario trovare una postazione adeguata al nuovo ruolo. Nel 2001, pertanto, una circolare dell’Assessorato alla Presidenza trasformava con una semplice firma tutte le posizioni direttive in posizioni dirigenziali. Nel campo dei Beni Culturali questo ha significato che quelle posizioni direttive che nello Stato sono occupate da funzionari direttivi archeologi, quali unità operative archeologiche, musei e parchi, in Sicilia possono essere assegnati solo ed unicamente a ‘dirigenti’, indifferentemente se in possesso o meno dei requisiti tecnici: oggi quindi sono in servizio presso l’Assessorato Beni Culturali circa 150 dirigenti, pari al numero di tutti i dirigenti del MIBAC! Da qui la ‘semplice rotazione’ con cui Musumeci ha provveduto a nominare i nuovi direttori dei 14 parchi archeologici siciliani. Tutto ciò è in evidente contrasto con la normativa nazionale e pone la questione della selezione della classe dirigente dell’amministrazione regionale dei beni culturali.

Nemmeno si può sostenere peraltro che queste nomine siano state condizionate dalla mancanza di figure adeguate nei ruoli regionali: se è vero che il numero dei dirigenti archeologi si è ridotto a poco più di una dozzina, è anche vero che nei ruoli tecnici dei beni culturali sono oggi in servizio oltre 50 funzionari direttivi archeologi, tutti in possesso dei requisiti previsti dal DM 244 per la I fascia.

Sarebbe stato quindi sufficiente al Presidente Musumeci includere gli archeologi in servizio nella Regione, sicuramente in possesso dei requisiti necessari, nell’atto di interpello interno attraverso cui sono stati individuati i nuovi direttori dei parchi archeologici, almeno per le strutture di media piccola dimensione. Allo stesso modo si auspica che i funzionari direttivi archeologi, spesso impiegati con mansioni inferiori rispetto ai titoli posseduti, che erano requisito d’accesso al bando di concorso con cui sono stati assunti, siano ammessi a partecipare alle prossime nomine già preannunciate dallo stesso Musumeci per quanto riguarda sia i direttori dei musei archeologici regionali che per i responsabili delle unità operative archeologiche delle Soprintendenze: oggi solo in 4 delle 9 Soprintendenze uniche tali unità sono, infatti, dirette da archeologi!

Confederazione Italiana Archeologi – Sede Sicilia